
Effetti collaterali dell'autonomia differenziata
Lucia Manetti
2/13/20251 min read
Dalla lotta per l’indipendenza della “Catalunya productiva” al grido “Alba gu bràth” (“Scozia fino al giorno del giudizio”) dello Scottish National Party (SNP), le spinte autonomiste hanno trovato negli ultimi decenni nuova linfa in tutta Europa.
In Veneto, la legge regionale n. 16/2014 ha indetto un referendum consultivo relativo all’indipendenza della Regione, richiamandosi al «diritto del Popolo Veneto all’autodeterminazione» (dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 118/2015 Cc.). Si inserisce in questo contesto la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, una delle tre riforme istituzionali (insieme al premierato e alla separazione delle carriere) promosse dal governo Meloni.
Sappiamo che in Italia esistono 15 Regioni a statuto ordinario, le cui funzioni e organizzazione sono disciplinati dalla Costituzione, e 5 Regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta), le cui funzioni e organizzazione sono disciplinati da statuti approvati con legge costituzionale e che hanno più ampia competenza legislativa.
Ma cosa vuol dire autonomia differenziata? L’autonomia differenziata prevede che le Regioni a statuto ordinario ottengano «forme e condizioni particolari di autonomia» in maniera simile a quanto già accade per le Regioni a Statuto speciale, ma su un numero ristretto di materie. Nel valutare la riforma, è importante fare riferimento agli effetti di esternalità che possono innescarsi. Per esternalità intendiamo i casi in cui l’azione di un soggetto influisce negativamente o positivamente sul benessere della collettività. Con l’attuazione dell’autonomia differenziata, potranno essere trasferite alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni richiedenti materie come l’energia e i trasporti nazionali, con la conseguenza che una Regione si trovi in condizioni di porre il veto su decisioni rilevanti per i cittadini limitrofi e per l’intero Paese: ad esempio, l’interruzione del passaggio di una ferrovia comprometterebbe il funzionamento dell’infrastruttura a livello nazionale (esternalità negativa).
D’altro canto, ulteriori forme di autonomia permetterebbero di soddisfare al meglio preferenze e necessità localmente differenziate, favorendo efficienza e innovazione nella fornitura di beni e servizi pubblici, favorendo dunque esternalità positive.
Troppo spesso il dibattito sul regionalismo differenziato perde di vista la questione, invece fondamentale, dell’attivazione o della gestione di effetti di esternalità. Il dibattito dovrebbe anzi mettere tra gli argomenti prioritari i rischi provocati da esternalità negative e le opportunità che possono derivare da esternalità positive.
Valutando, dunque, questi aspetti della riforma, per la tua Regione credi sia meglio avere o non avere autonomia differenziata? E se sì, in quali materie?