SPECIALE REFERENDUM: Il terzo quesito

SPECIALE REFERENDUM 2025

Michele Bonanno

5/22/20252 min read

Tra i cinque quesiti referendari su cui gli italiani saranno chiamati a votare l’8 e il 9 giugno 2025, il terzo interviene su un tema centrale delle politiche del lavoro: la regolazione dei contratti a tempo determinato. Si tratta di un referendum abrogativo, promosso dalla CGIL, che propone la cancellazione parziale di alcune norme contenute nel Decreto legislativo 81/2015, così come modificate dal cosiddetto Decreto Dignità del 2018 e dai successivi interventi legislativi.

Ma cosa prevede oggi la disciplina del contratto a termine?

Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato è un rapporto di lavoro in cui viene stabilita fin dall’inizio una data di scadenza. La normativa attuale consente di stipulare un contratto a termine senza causale – cioè senza la necessità di motivarne le ragioni – per una durata massima di 12 mesi. Oltre questa soglia, sono richieste “specifiche esigenze” per proroghe o rinnovi, da individuare nei contratti collettivi o, in assenza, in base a causali individuate dalla legge (esigenze temporanee e oggettive, esigenze di sostituzione di altri lavoratori, incrementi temporanei e significativi dell’attività). Per i lavoratori è molto sconveniente il rinnovo di posizioni a tempo determinato in quanto elementi reddituali “insicuri” e “incerti”, posti regolarmente a vagli e scadenze per i rinnovi. Ciò comporta precariato e impossibilità di organizzare sul lungo termine la propria vita.

La durata complessiva del contratto a termine, comprensiva di proroghe e rinnovi, non può comunque superare i 24 mesi. Superato questo limite, il contratto si considera a tempo indeterminato. Sono inoltre previste limitazioni quantitative all’utilizzo dei contratti a termine: di norma, non possono superare il 20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’azienda.

Il quesito referendario propone di abrogare, in particolare, le norme che consentono il rinnovo dei contratti oltre i 12 mesi in base a causali di legge o contrattuali. Verrebbe quindi eliminata la possibilità di rinnovare contratti a termine in assenza di una causale individuale puntuale e dimostrabile. L’effetto pratico sarebbe una maggiore rigidità nell’utilizzo del contratto a termine, che potrebbe essere stipulato solo per esigenze temporanee realmente eccezionali e con una durata più limitata.

Se il “Sì” dovesse prevalere, la disciplina del lavoro a termine sarebbe in parte modificata, limitando il ricorso al contratto flessibile. Se invece prevarrà il “No”, resterà in vigore l’attuale normativa, che consente un margine più ampio di utilizzo, soprattutto nei primi 12 mesi. Chi sostiene il “No”, ritiene che una normativa più rigida di quella attuale possa disincentivare maggiormente il ricorso a queste forme contrattuali, a discapito delle categorie tipiche di lavoratori da cui è usato: giovani e donne.

Come in tutti i referendum abrogativi, sarà necessario raggiungere il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto perché il risultato sia valido.

Vocabolario:

  • Referendum abrogativo: strumento di democrazia diretta con cui gli elettori decidono se abrogare, totalmente o parzialmente, una legge.

  • CGIL: la Confederazione Generale Italiana del Lavoro è il sindacato italiano più antico e rappresentativo nel Paese.

  • Decreto legislativo 81/2015, così come modificate dal cosiddetto Decreto Dignità del 2018 e dai successivi interventi legislativi: fonti del diritto del lavoro che hanno introdotto i vari elementi di flessibilità riportati (deroghe ai contratti collettivi, possibilità di proroghe…).

Le fonti che sono state consultate per scrivere questo articolo: